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Articoli con tag ‘viaggi sognati’

“Due biglietti, grazie…”

sky_and_balloon_by_harebrained1Eccomi qua. Un post non casuale, scegliendo una foto non casuale, in un momento non casuale, dopo una cena non casuale, con amici non casuali, dopo un periodo di tempo non casuale. Dove sono stato in tutte queste settimane? Over the Rainbow… andata e ritorno, inseguendo il Bianconiglio e il Buonconsiglio della Judy andando vedere che ci stà aldilà dell’Arcobaleno. La gran figata, è ciò che non ho trovato. Niente fantasmi del passato che ti si attaccano alle caviglie, niente ombre, ma solo un orizzonte sconfinatissimo. I grandi spazi ci fanno spesso paura, ci fanno crescere l’ansia di esplorarli perché i nostri occhi hanno bisogno di riferimenti, di trovare qualcosa di conosciuto e familiare. Nell’orizzonte in cui mi sono imbattuto non c’è niente di conosciuto… ma molto di familiare e confortevole. Non c’è ansia di esplorare o di correre. La corsa non ci fa godere il viaggio, molto meglio camminare. Sono sicuro che starete pensando “già letto e già sentito dal Frenk, ci ha fatto due palle così, sul significato del viaggio e bla bla bla”. Beh, signori miei, per chi non se ne fosse ancora accorto, questa volta non viaggio da solo 🙂 

When I walk beside her
I am a better men
when I look to leave her
I always stagger back again.

(Hard Sun, Eddie Vedder)

Note a piè di pagina 
1. Grazie a chi mi ha accompagnato “puntuale” al check-in 😉
2. Ho inserito una nuova tag, che prima non c’era, non poteva esserci: Serenità… un brindisi! 

Che c’è sul comodino

L’ultimo libro che sto leggendo si intitola “La corsa del levriero” ed è di Alex Roggero che racconta del suo viaggio effettuato 10 anni fa da Los Angeles a Pittsburgh in autobus. Infatti, fra i tanti miti della strada americana il più potente e allo stesso tempo trascurato è quello del “running dog”, l’agile levriero grigio dipinto sulla fiancata delle corriere Greyhound. Negli anni trenta e quaranta i torpedoni azzurri erano il mezzo di trasporto preferito dagli americani, e le superbe stazioni art déco – disegnate dai più famosi architetti dell’epoca – rappresentavano in ogni città, anche quelle più sperdute, il simbolo del progresso e dell’avventura. Dalle strade sterrate dei deserti dell’Ovest alle levigate autostrade volute da Eisenhower, i bus della Greyhound erano gli unici veri re della strada. Ritornare oggi sulle corriere del levriero lungo le vecchie highway che hanno fatto da sfondo alle avventure di generazioni di viaggiatori significa scoprire gli splendori andati e le piccole miserie quotidiane, e ascoltare la storia di chi, nell’era degli aerei o dei “fly & drive”, è costretto ad attraversare l’America in autobus: da Lonnie, mastodontico esponente di una gang di Los Angeles in fuga attraverso il Tennessee, a James, il veterano della guerra del Golfo, a Heather, quindicenne vagabonda in skateboard. Ma il levriero è anche un mezzo per inseguire il fantasma del blacktop – il manto nero dell’asfalto -, spirito delle strade americane, anima del mito, che sopravvive ai bordi delle highway di provincia, nascosto nelle stazioni di servizio a forma di tenda indiana o nella casa del cacciatore di serpenti a sonagli del New Mexico, sulla Old Route 66: declassata e bistrattata dai pubblicitari di mezzo mondo, ma pur sempre la più famosa delle vecchie strade d’America. Da dove proviene il fascino degli interminabili asfalti degli States? Molto prima che i miti nascessero, c’erano le piste dei pionieri. Vagando a piedi nelle riserve indiane e nel deserto di Sonora, Alex Roggero va alla ricerca del Cammino del Diavolo, la pista sterrata più insidiosa e macabra del Nuovo Mondo, tracciata nel diciassettesimo secolo da Padre Kino, il missionario gesuita che per primo aprì la via per la California e, senza saperlo, diede vita al Grande Sogno Americano. 

Che dite? Nello zaino mi metto il sacco a pelo o il sacco nero di C.S.I?

P.S. Un abbraccio al mio amico Dade e un saluto con gli occhi rivolti verso il cielo alla sua nonna.

G