|Se esistono le parole per dirlo, è possibile|

Articoli con tag ‘Milano’

Maledetto Indie-Rock

Questa mattina, Mario De Santis (mitica voce di Radio Deejay e ora a Radio Capital) scriveva sul suo Facebook: “stare sveglio da presto, leggendo un libro di poesie in pigiama e non avere postumi da sbronza e non avere foto scattate con l’iphone in un locale figo di Milano da postare su FB per testimoniare quanto sono pazzo con i miei amici creativi e la bionda di turno”. Parole giuste al momento giusto che mi permettono di rispolverare dalle bozze un vecchio post mai pubblicato su coloro che si atteggiano da Indie-snob.

In principio furono gli Anni ’80.
Si viveva in un mondo con gli Smiths e Joy Division e solo dopo i New Order, Simple Minds e, a loro modo, pure gli Spandau Ballet. E come potrebbe essere diversamente, anche se in molti giurano di no. Ma insomma, questi Hurts che ultimamente sono sulla bocca di tutti i fescionisti e fescioniste, pensate davvero si siano inventati qualcosa di nuovo?

Anyway… non so ancora bene che piega prenderà e dove andrà questo post che mi frulla nella testa da un po’ di tempo. So solo che volevo parlare di New Wave che ha a che vedere, per forza di cose, con gli Anni ’80, ma non necessariamente con l’Indie che però è un termine che oggiggiorno per Milano fa tanto creativo ed è sulla bocca di tutti quelli che vogliono fare i ricercati… perciò lo userò anche io 😉

Mi muoverò con i piedi di piombo, anche se, detto tra me e voi, mi sento molto più portato a creare e consigliare playlist, piuttosto che …come si dice… outfit. Però era da tanto che non parlavo più di musica o la condividevo con voi.
Dove eravamo rimasti? Ah si, New Wave!

Avete presente, no? Questi tipi, col ciuffo, i vestiti attillati (skinny), spesso neri o il ciuffo piastrato (o peggio ancora rasatura sopra le orecchie e capello come se fosse leccato da una mucca), i vestitini stretti, le giacchette striminzite e le scarpette a punta, o le bluse ampie e le bretelle come gli Hurts di cui vi ho parlato sopra, ma soprattutto la voce: profonda.
Indie sta per indipendente e la prima volta che mi approcciai a questo termine e alla sua musica mi trovavo a Londra, varcando la soglia del Camden Palace. Curioso per la “Indie Night” pensavo di trovarmi dei frikettoni che suonavano dei sitar elettrici, un po’ alla Kula Shaker e seguivano qualche filosofia orientale. E invece no, loro stavano già tutti un pezzo avanti a me. Che poi in quel periodo i miei principali fornitori di musica in Cd e ancora qualche musicassetta erano Muzak di Casale (RIP), Napster (RIP) e un certo sito che si chiamava Last FM, che in realtà c’è ancora, ma non ti spaccia più musica aggratis. Ma quanto è faticoso stare al passo con gli Indie?!?

Quindi, faccio l’Indie-Snob e vi suggerisco la mia personalissima Indie-Lista, dove alcuni dei gruppi sono vecchie glorie… come il sottoscritto.
No, scusate, il sottoscritto è solo vecchio.

Interpol – No I in threesome
Editors – The racing rats
White Lies – To lose my life
Arcade Fire – Rebellion
Primal Scream – Can’t go back
The Bravery – Honest mistake
Hard Fi – Suburban knights
Scitdisco – Reactor Party
The dead 60’s – Riot radio
The Faint – The geeks were right
The Drums – Let’s go Surfing
The Hacienda – 1 AM
The Strokes – Last night
Babyshambles – Carry on up the morning

Quello che ho imparato sul Design…

Dal Giulio 2.0 al Fuorisalone 2.0, che anche per quest’anno “se lo semo levati da le palle”.
Come il Natale, o altre feste, lo aspettiamo per un anno intero; quando arriva lo iniziamo un po’ a detestare, e poi ricominciamo ad aspettarlo. Se il Natale arriva con un seguito di buoni sentimenti, regali, caramelle e bla bla bla, il Salone del Mobile travolge Milano con mobili 😐 ed un seguito di coloro che chiamiamo più comunemente pazzeschi. Ora, immaginatevi che sia Piero Angela a leggere queste righe, perché di fauna andremo a parlare.
La specie dei pazzeschi è composta non solo da architetti, designer, e addetti ai lavori, ma anche da tutta una serie di giornalisti, fotografi, pubblicitari, video-maker e, soprattutto, coloro che non ci capiscono un cazzo di design… ma che devono esserci. Prima di proseguire, ci tengo a precisare che la categoria dei pazzeschi, mi incuriosisce,  mi diverte molto e mi è di gran lunga più simpatica di tutta la gente che ruota intorno al mondo della moda: la specie dei pazzeschi è di gran lunga più socievole ed aperta all’estraneo e al diverso. Come in tutti i gruppi di appartenenza sociale, l’importante è riconoscerli e parlare/capire il loro linguaggio.
Come si riconoscono? Innazitutto dall’abbigliamento: skinny jeans o pantaloni strettissimi al ginocchio (pantacalzaloni) da cui fuoriescono calze fluo o a righe, e mocassini a punta in alternativa a sandali o sneakers. Se dalla vita in giù l’abbigliamento è decisamente stretto, sopra l’ombelico si veste oversize e destrutturato (la mia mentore mi ha detto che quest’anno la giacca destrutturata “va un casino” 😮 ). La barba rigorosamente incolta e gli occhialoni sono fon-da-men-ta-li insieme a delle shoppers (borse della spesa), piene di inviti per after-party stampati su poliplat (volantini e opuscoli di feste stampati su del polistirolo pressato), stickers (patacconi),  gadget pins(minchiate ciulate dagli espositori).

Se le serate sono un festival dello sfascio a ritmo di una musica minimalista quanto i nuovi concepts e trends d’arredamento, la giornata è fatta di grande camminate tra le location della Zona Tortona e Romana, discorsi su cosa ciascuno ha on-air e abbuffate di cibo rigorosamente bio e salutare.
Il pazzesco è fan dell’ecologia e della bicicletta, che deve essere rigorosamente customizzata (truccata) e a scatto fisso o fixed (senza cambi e senza freni). Anche io da piccolo truccavo la graziella di mia mamma colorandola, togliendoci i freni e mettendo il cartoncino tenuto con la molletta tra i raggi, ma è un altro discorso.


Ora, la cultura dello scatto fisso nella bicicletta è tipica dei paesi nordici e dell’area fiamminga dell’Europa; è una filosofia di vita che vuole ritornare alle origini del ciclismo e riportare la bici alla sua concezione primordiale. Peccato che lo strumento deve essere sempre adeguato al contesto: voi andreste in giro con una bici da 800 Euro senza cambi, senza freni, e con le ruote da corsa, per Milano? Se sopravvivete allo smog, al pavè, ai binari dei tram, alla “civiltà” degli automobilisti milanesi, all’assenza di piste ciclabili, e ai furti… beh allora siete pazzeschi a tutti gli effetti 🙂
Vi lovvo un casino zii! 😀
G