|Se esistono le parole per dirlo, è possibile|

Archivio per la categoria ‘Viaggi’

Viva Walter

Non sono uno scalatore. La montagna e il suo mondo sono un contesto che mi spaventa, di cui ho timore, di cui provo rispetto e di cui spesso non mi sento all’altezza. Quelle volte in cui faccio delle semplici passeggiate (perché questo è il massimo che faccio in montagna) aspetto sempre dalla Montagna un segnale di legittimazione, una sorta di lasciapassare: “Ok Giulio, puoi passare…”
Forse proprio perché conosco talmente poco questo mondo, ne sono altrettanto curioso e mi affascinano le storie e le imprese degli scalatori, il loro bisogno e la loro fame di rispettosa esplorazione. Per questo motivo, sapere che è mancato Walter Bonatti mi ha lasciato un po’ incredulo e smarrito per qualche minuto.

La sua storica impresa di scalata del K2 nel 1954 fu tra le prime cose che mi raccontò mio nonno, a cui non piaceva raccontare la favola del Pifferaio Magico o leggermi storie illustrate, ma storie di uomini che fecero la storia. Mi colpì talmente tanto la sua storia che finii per chiamare un mio peluche proprio come il suo hunza: Mahdi. Lui, Walter Bonatti, il più giovane, il più “sfigato” di una spedizione di uomini che portavano nomi da impresa eroica come Ardito Desio – detto Il Ducetto – o Achille Compagnoni, a cui per 50 anni non fu riconosciuta alcuna gloria, ma solo calunnie in un momento in cui l’Italia proprio come oggi cercava il riscatto e aveva bisogno di eroi.

“Non si può raggiungere la vetta se si procede guardando la vetta”, ma solo tenendo gli occhi su i piccoli passi e porzioni di percorso che via via facciamo. Se si procede guardando la vetta ci perdiamo il viaggio, ci perdiamo i momenti, ci perdiamo l’essenza del viaggio, che come la vita è fatta di attimi.

E allora via si va, via si va, si va via!

E così abbiamo deciso di partire. Dopo un lunghissimo inverno, una fredda primavera ed un’estate iniziata sotto il segno degli sbatta (concedetemi lo slang milanese) per qualcuno lavorativi, per qualcun’altro familiari, è arrivato il momento di riempire lo zaino, caricare le batterie della macchina foto, fare la playlist dell’Estate 2010, scegliere un libro, prendere l’EstaThe (rigorosamente in brick, rigorosamente al limone).
A sto giro si va in Olanda, restando qualche giorno ad Amsterdam e qualche giorno ad Utrecht, punto di partenza per esplorare la campagna olandese in bicicletta. Oltre a non essere mai stato in Olanda, la grande novità è che si tratta del primo viaggio in vita mia, da me non organizzato! 😀  Fi-ga-ta
Che bello non avere il controllo sulle cose e poterti fidare di qualcuno.

In questo momento della mia vita in cui la mia sensibilità creativa è orientata al vintage Anni Settanta – dalle sonorità, ai vecchi film, agli effetti Polaroid di fotosciop  – vi saluto con un tormentone estivo… ma che  niente ha a che fare con il waka waka.
Loro sono gli Ex-Otago che ri-arrangiano un vecchio tormentone estivo.
E dato che quest’anno non vogliamo farci mancare proprio niente, perchè non fare un salto in Riviera Romagnola andando con una bici a scatto fisso?

Io sono… io sono… io sono…

Patrizia Valduga, poetessa e traduttrice italiana, scrive:

“Io sono sempre stata come sono,
anche quando non ero come sono,
e non saprà nessuno come sono,
perché non sono solo come sono”.

Mi sono imbattuto casualmente in queste parole spulciando il blog di Sua Maestà Benedusi Settimio. Tra qualche giorno si parte e puntualmente, prima di ogni viaggio, scorazzo per siti di fotografia, sfoglio riviste e guardo il National Geographic Channel… così, giusto per risvegliare la mia sensibilità per le immagini dopo un anno passato a dar maggior ascolto alle parole.

Beh, da quando mi sono imbattuto in queste parole, ho iniziato a ripetere questa quartina come un mantra, compulsivamente. Spesso ce ne dimentichiamo, soprattutto nei momenti più difficili, quando l’unica cosa che tendiamo a mettere in discussione siamo noi stessi, la nostra vita, la nostra professionalità, la nostra capacità di amare e lasciarci amare. Non è proprio il caso di scomodare Sigmund Cheduepalle Freud per sapere che siamo spesso infinitamente severi con noi stessi (e lasciamo stare l’autorità del Super-Io).

Noi siamo i ricordi della nostra infanzia, le fotografie sbiadite su carta chimica, i racconti dei nostri nonni, le rughe sui volti dei nostri genitori, i segni sul nostro corpo, lo scatolone dei giocattoli, i libri dalle pagine ingiallite sulle mensole, il lavoro che ci piace fare e quello che desideriamo. Siamo le delusioni e le perdite che ci troviamo ad affrontare e a cercare di colmare.

Dimenticando tutto questo tutto questo… dimentichiamo chi siamo.

Detto ciò, io sono in ferie e NOI si va in vacanza.
Dall’Isola del Giglio alla Terra del Papavero. Si va in Olanda.
Si smette di correre (ma solo per un po’) per andare in bicicletta.

Speriamo di perderci… e ritrovarci ‘tillsammans’ 🙂

Buona Estate

Pensieri, parole, opere… ed ossessioni

45744609be5c7460750044e8367450edNulla succede per caso.
Su tempo e casualità, ci hanno perso tempo (appunto) filosofi, storici, psicologi, poeti, cantautori, registi cinematografici, giovani e vecchi seduti ai tavolini di un bar davanti ad una bottiglia di rosso, fumando una sigaretta (quando si poteva), o mentre si aspettava il proprio turno a biliardo. Ogni evento acquista un senso dal momento in cui sentiamo il bisogno di attribuirgliene uno, di attribuirgli una storia.

In questo periodo di latitanza dal blog sono stato al mare (chiaramente solo qualche giorno, purtroppo), un mare che non ha diviso, ma che ha unito più che mai. Abbiamo condiviso la nascita di una bambina (sì, sì, Maria Sole, parliamo proprio di te) e l’annuncio di un bimbo che presto nascerà. Abbiamo cominciato a correre con calma adattando il proprio passo a quello dell’altro, senza cronometro in mano, ma con il solo desiderio di arrivare fino in fondo insieme. C’è chi sta cambiando casa, chi ne ha già cambiate molte e che molto presto ne avrà una tutta sua. C’è chi lascerà la casa dove ha sempre vissuto per promettere “finchè morte non ci separi” e vivere sotto un nuovo tetto con la propria persona. C’è chi tra andarsene per un lavoro sicuro e restare, ha deciso di restare e c’è chi invece ha deciso di andarsene per un po’ dalla sua famiglia, casa, amici, passato, ed andare a vivere lontano… ma non troppo.

Ciascun protagonista di questo teatro di esperienze sono sicuro che è stato a pensare e fissare, almeno per qualche secondo, il soffitto della propria camera da letto di notte, un paesaggio scorrere veloce fuori dal finestrino di un treno, il tracciato di un ecografia, la strada che corre sotto i piedi, il volto di una bimba che dorme, il nastro adesivo sugli scatoloni, il prospetto del mutuo, le nuove condizioni di lavoro, la conferma del biglietto per il volo in Germania, interrogandosi sul futuro e di come potrebbe essere alla luce di queste scelte di vita e di queste esperienze. Immaginare il futuro serve ad attutire i colpi, è la dimora delle paure più profonde, delle ossessioni più ricorrenti, e delle speranze più folli. Per questo motivo agiamo e ce lo costruiamo… non è un caso, ma un bisogno, una necessità. È quella vocina che ci chiede di vivere, di non avere rimpianti.
C’è solo una cosa da fare: ascoltarla. Allora il futuro avrà le sembianze di una casa, di un contratto di lavoro, di una nuova partenza o di un nuovo ritorno, di un bambino, di un abito bianco, di un anello, delle facce dei vecchi amici, o di lunghi capelli castano scuro e un paio di occhi verdi.

Machu Picchu is a friend of mine

DSC_0181… dice il Lorenzo Jovanotti. Ora è anche un po’ più mio amico 🙂 Ci siamo, incontrati, conosciuti e piaciuti.
Quando si cerca un’immagine che sintetizzi l’America Latina, Machu Picchu è di solito la prima che viene in mente insieme alle brasiliane di Rio 😉
In televisione da Licia Colò, sui depliant, sulle confezioni di caffè MP è diventato sinonimo di civiltà perdute, brivido della scoperta, viaggi esotici e mistero. Al tempo stesso MP è accessibile: centinaia di migliaia di turisti la visitano ogni anno. Panorama da cartolina, fascino magnetico, luogo delle infinite controversie. Altrettanto emozionante è il percorso che ti porta in cima. Attraverso il secolare Cammino Inca che si dipana dalla valle Sacra, vicino ad Ollantaytambo ed il fiume Urubamba. Per la descrizione di questo percorso guardate le immagini del pellegrino ErMo!
Il percorso più semplice seguito dal sottoscritto è quello di raggiungere da Cuzco il paese di Ollantytambo con un autobus. Da qui un treno vi condurrà alle pendici di Machu Picchu, al paese di Agua Caliente, seguendo il corso del fiume Urubamba. Da Agua  Caliente si può prendere un altro autobus che in 20 minuti vi porta in cima, oppure fare il percorso a piedi (un’oretta circa).

Come

Colombia: Snapshots @ work

DSC_0178Come promesso, ecco un piccolo flashback con alcune foto scattate a Bogotà.
Sappiate che ogni foto mi è quasi costata un “rischio rapina” 😉
Questo è il link della nuova Gallery che trovate tuttavia anche in spalla.
Passo a Flickr… molto più performante.

Perù… muy impactante

DSC_0107Proprio un anno fa, in questi giorni, mi mettevo alla prova con il canyoning e l’hydrospeed in Trentino. Un anno dopo c’è il Perù (ok, anche qualcun altra che prima non c’era 😛 ).
Lascio la Colombia dopo 12 controlli aeroportuali (tra cui 7 perquise, di cui due con cani anti-droga) per volare a Cuzco dopo uno scalo tecnico a Lima e dopo aver compilato diversi moduli dichiarando di non aver avuto nessun sintomo influenzale da ricondurre alla suina (!!!). L’atterraggio a Cuzco (3600 mt di altitudine) non mi crea particolari scompensi da mal di quota, ma mi prendo comunque un paio d’ore di descanso prima di visitare il paese.
Cuzco è  il luogo che ogni Inca cercava di visitare alemeno una volta nella vita. Ombelico del mondo, fiore all’occhiello delle colonie spagnole, “capitale degli stranieri” dell’America Latina, Cuzco è tutto questo e di più. 

Sorgendo all’inizio della Valle Sacra è il punto di partenza del Cammino Inca e Machu Picchu (… seguite le orme lasciate da Ermo The LonelyWolf).
Alle 18.30 c’è già buio. Entro in un supermercato a fare della spesa per la colazione di domani mattina visto che ci sveglieremo alle 3.30 per dirigerci a Machu Picchu; mi prendo un succo d’arancia, biscotti Oreo, merendina al mou, mate di coca. Per scaldarsi ci vorrebbe altro… ma è a più di 10.000 Km di distanzaaa!
Anyway… il prossimo post avrà un sapore quechua.

Hanno sparato a Pablo… Pablo è vivo

 

Fondazione F. Botero

Fondazione F. Botero

Come volevasi dimostrare, il giorno dopo la Colombia, o quanto meno Bogotà, mostra il suo lato morbido e accogliente che stride con la massiccia presenza di militari, esercito e polizia varia ad ogni angolo della strada. Se è vero che non si gira più con i giubbotti anti-proiettile come 10 anni fa, c’è da dire la gente si è evoluta: esiste un famosissimo sarto che confeziona vestiti su misura con tessuti anti-proiettile ed anti-coltello.
Se vi capita di passare di qua ricordatevi di non portare mai con voi un portatile, perché ad ogni check-point dovete indicare il numero di serie (!!!).
Sembra che la città e soprattutto le nuove generazioni vogliano scrollarsi di dosso il marchio di narcotrafficanti del globo promuovendo la grande quantità di prodotti che nascono dalle foglie di coca.
Cammina cammina tra le vie della Candelaria e del quartiere degli intagliatori di smeraldi (ma guarda, il colore verde sembra non volermi abbandonare mai…) con la musica di Shakira di sottofondo, alternata ai classici di Michal Jackson, tra venditori di accese di accendino e di minuti di chiamate ai cellulari, si arriva all Fondazione Botero (il Museo Botero si trova invece a Medellin). La Fondazione è in un bellissimo stabile coloniale che ospita anche una biblioteca e una mostra su Andy Warhol.
La cosa che più mi ha sorpreso di Botero, insieme alla sua ironia a 360°… persino sulla morte del figlio di 8 anni, è che trascorre la maggior parte dell’anno in Italia, a Pietrasanta. Beh?!? Direbbe qualcuno, io non lo sapevo.
Fotografare qui è un bel casino. Ogni volta che tiri fuori la macchina fotografica diventi un bersaglio di borseggiatori e gente che ti chiede spiccioli.
Quindi, foto poche, ma buone che una volta tornato caricherò sulla Gallery.
Prossima tappa: Cuzco, Perù.

A+R

Rieccomi a parlare di viaggi. Rieccomi in viaggio. Un anno fa, in questo periodo, ero a Madrid. Oggi le miglia si allungano, ma si continua a parlare spagnolo: me ne vado in Colombia. La mia prima volta in America Latina. In questa giornata pre-partenza, come ogni volta, mi viene il mal di testa. È un mal di testa strano, diverso dai soliti, sembra che faccia già parte del viaggio. Il mio corpo espelle un po’ di ansia che accumulo ogni volta, prima della partenza. E’ stato per gli USA, lo è stato lo scorso anno per Santiago e lo è anche stavolta, nonostante stia via solo 10 giorni.
Lo scorso anno partivo portandomi tatuata nell’anima la frase “partire, per perdersi e ritrovarsi”, o come dice Irene Grandi (che non sarà Chatwin, ma rende comunque l’idea…) “…portare con sé la voglia di non tornare più”.
Questa volta si parte con la voglia di tornare. È bello avere qualcuno che ti aspetta. È bello sapere che c’è qualcuno che ti aspetta… anche se so che non è facile aspettare, si soffre sempre un po’. Alzi la mano chi non ha mai aspettato, qualcuno che tornasse o qualcuno che arrivasse per la prima volta.
Parto per essere una spugna. Assorbire colori, profumi, sapori e tante tante immagini da poter regalare al mio ritorno. Un viaggio è tale solo se condiviso.
Le storie da raccontare perdono valore se non si ha qualcuno a cui raccontarle.
Beh, io finalmente ho la Persona a cui raccontarle… perché le sa ascoltare… 
tic…tac…tic…tac… 😉
G

Current

vanguard1In tempi di social network – Facebook su tutti, MySpace, Twitter, SmallWorld, etc. – da qualche anno a questa parte ne esiste uno dedicato all’informazione giornalistica che integra Internet e televisione, attivo 24 ore su 24., Current. Ne si può fruire dalla televisione (Canale 130 di Sky) o dal più accessibile web attraverso il sito www.current.com.
Dalla rete al satellite, Current TV offre proposte che tendono a discostarsi dalle usuali programmazioni e soprattutto investono su idee e persone nuove. Il concetto alla base di questo modo rivoluzionario di fare televisione consiste nel proporsi come alternativa alle forme tradizionali d’informazione imposta dall’alto, senza possibilità di feedback da parte dell’utenza. Con Current invece la TV è fatta dagli utenti, dai loro contributi e secondo il loro punto di vista.

Personalmente, la produzione interna più brillante e di successo in Current è basata sulla totale originalità della corrente giornalistica conosciuta come “Vanguard Journalism”. Vanguard, appunto, è la serie che incarna questo nuovo modo di fare giornalismo che stravolge con successo la metodologia classica dell’inchiesta, tanto da aver ricevuto numerosi riconoscimenti tra i quali un Emmy Awards nel 2007. Il team dei Vanguard è composto da giovani, intelligenti ed intrepidi reporter di ogni nazionalità che, partendo dall’headquarter di Los Angeles, di missione in missione indagano sulle più importanti questioni del nostro tempo. I Vanguard Journalist non si limitano a raccontare le storie, le vivono.
I Vanguard Journalist Laura Ling, Kaj Larsen, Christof Putzel, Mariana Van Zeller e Adam Yamaguchi sono reporter di ogni nazionalità, convinti che l’informazione sia un’esperienza conoscitiva che richiede grande impegno personale, “solo sul campo”. La loro missione è investigare in modo approfondito e diretto i temi cruciali del nostro tempo, direttamente dalle zone calde del pianeta solitamente off-limits ai media tradizionali. Hanno provato sulla loro pelle il water boarding, la tecnica di tortura che simula il soffocamento con acqua. Hanno viaggiato aggrappati ai “treni della morte” assieme a centinaia di clandestini che dal centro America cercano di raggiungere gli Stati Uniti. Per primi sono saliti a bordo delle navi dei Pirati Moderni nelle acque a largo della Malesia, Singapore e Indonesia. Hanno vissuto al fianco di guerriglieri del Niger e sono entrati nei loro covi. I Vanguard Journalist di Current USA, ovvero 10 giornalisti di ogni nazionalità addestrati alla produzione di documentari e reportage ad alto rischio dalle zone del pianeta, propongono inchieste di taglio investigativo, rigorosamente realizzate sul campo e in prima persona.

Sabato e domenica i Vanguard saranno al Festival Internazionale del Giornalismo a Perugia, ed io, anzi, NOI… ci saremo 😉